Ricorso per il Presidente del Consiglio dei Ministri rappresentato
 dall'Avvocatura generale dello Stato,  nei  confronti  della  regione
 Veneto, in personale del presidente della giunta regionale in carica,
 avverso  la  delibera legislativa riapprovata dal consiglio regionale
 il 23 maggio 1991, comunicata al commissario del Governo il 28 maggio
 1991,  e  recante  "norme  di  accesso  per   profili   professionali
 specifici".
    Con  telegramma  2  maggio 1991 il Governo ha rinviato la delibera
 legislativa 26 marzo 1991, con rilievo relativo all'articolo unico di
 essa.  In  sede  di  riapprovazione  e'  stato  aggiunto  un  art.  2
 contenente "dichiarazione d'urgenza".
    Occorre  anzitutto  analizzare l'art. 1 della delibera legislativa
 23 maggio 1991. Dopo due frasi a  scarsa  contenuto  dispositivo  (in
 occasione  dei..  ..  .." e "ferme restando.. .. .."), il legislatore
 regionale  conferisce  una  sorta  di  duplice  anomala   delega   di
 normazione  a)  alla Giunta regionale d'intesa con "le organizzazioni
 sindacali", per la individuazione di imprecisati - quanto a  livelli,
 a  numero,  ed  a  tipologie  - "specifici" profili professionali che
 richiedono  "esperienze  acquisibili  all'interno  dell'ente"  (primo
 comma),  e  b)  alla giunta regionale, per "stabilire le modalita' di
 applicazione  di  quanto  previsto  nel  comma  1"  (secondo  comma).
 L'articolato  in  esame  raffigura  in  termini teleologici ("ai fini
 della.. .. ..") quello che e' invece il contenuto  sostanziale  della
 normativa  deliberata  ("copertura,  mediante  procedure  concorsuali
 interne"); una siffatta  tecnica  legislativa  evidenzia  un  intento
 minimizzatore e percio' un disagio.
    Codesta  Corte  ha  piu'  volte  insegnato che "il passaggio a una
 fascia funzionale superiore, in quanto comporta l'accesso a un  nuovo
 posto di lavoro corrispondente a funzioni piu' elevate, e' una figura
 di  reclutamento  soggetta  alla regola del pubblico concorso; a tale
 regola  la  legge  puo'  derogare,  ma  sempre   col   limite   della
 razionalita'..  ..  ..  tra  i  criteri di razionalita' della deroga,
 ammessa  dal  terzo  comma  dell'art.  97  della   Costituzione,   e'
 sicuramente  compresa l'esigenza, risultante dal primo comma, che non
 sia pregiudicato il buon  andamento  dell'amministrazione..  ..  ..")
 (cosi' dalla sentenza 4 aprile 1990, n. 161).
    D'altro  canto,  la  legge-quadro  29  marzo 1983, n. 93 - recante
 principi che costituiscono "limiti" per  i  legislatori  regionali  -
 definisce   due  aree  nettamente  distinte  quanto  meno  a  livello
 concettuale, l'una riservata alla "disciplina di legge"  (art.  2)  e
 l'altra della "disciplina in base ad accordi" (art. 3).
    La  delibera  legislativa ora sub judice anzitutto prevede che una
 normativa in tema di  reclutamento,  alias  di  passaggio  a  livello
 superiore,  sia  posta  mediante  atto  non  legislativo (delibera di
 giunta, previa c.d. "intesa"). Come accennato, si ipotizza una  sorta
 di  anomala  delega (ad un organo amministrativo o addirittura ad una
 cosiddetta "intesa") per  l'effettiva  determinazione  del  contenuto
 dispositivo della normativa "aperta" ipotizzata.
    Tale  determinazione  concerne,  come momento solo strumentale, la
 qualificazione  (essenzialmente  organizzatoria)  di  taluni  profili
 professionali  come  "specifici"  in  quanto  richiedenti "esperienze
 acquisibili all'interno  dell'ente"  e,  come  momento  conclusivo  e
 realmente  incisivo,  l'ambito  della  "copertura  mediante procedure
 concorsuali interne". Ponendo in evidenza il momento strumentale,  si
 e'  fatto  riferimento  per  cosi' dire subliminale all'art. 3, n. 3,
 della predetta legge-quadro; e pero' la sostanza dispositiva  attiene
 alla  oganizzazione  amministrativa  dell'ente  ed  ai  temi indicati
 nell'art. 2, numeri 2 e 3 della medesima legge-quadro.
    Il che conduce a  prospettare  un  secondo  profilo.  La  delibera
 legislativa sub judice prevede una c.d. "intesa" - parola della quale
 si  fa  sempre  piu'  frequente abuso e che conseguentemente tende al
 vago - tra la Giunta  ed  imprecisate  organizzazioni  sindacali;  la
 disposizione  usa  l'articolo  determinato "le", ma in realta' lascia
 indeterminato il novero delle organizzazioni  sindacali  che  possono
 essere  chiamate a "spartire" con la Giunta la funzione di normazione
 sostanziale in questione. Ora, per quanto dianzi osservato,  la  c.d.
 "intesa" incide concretamente sull'organizzazione e su temi riservati
 alla "disciplina di legge".
    Al  tempo  stesso, la delibera legislativa in esame congiuntamente
 con le da essa ipotizzate c.d.  "intesa"  e  delibere  amministrative
 della  giunta  perverrebbero  ad introdurre una normativa difforme da
 quella posta "in base ad accordi" (che sono stati recepiti con  legge
 regionale),  e quindi invaderebbero l'ambito di cui al citato art. 3.
 Cosa che conduce a prospettare un terzo profilo.
    A ben vedere, la delibera legislativa  sub  judice  introduce  una
 normativa  sulla  produzione  giuridica,  contrastante con i principi
 fissati dalla menzionata legge-quadro, e connotata da una commistione
 (pervero  alquanto  confusa)  di  fonti;  il  tutto  e'  in   pratica
 finalizzato ad apportare sostanziale deroga all'art. 97, terzo comma,
 della   Costituzione,   senza  salvaguardia  adeguata  del  parametro
 costituzionale del "buon andamento" indicato nello stesso art. 97.
    Nella relazione della prima commissione alla delibera  legislativa
 23  maggio  1991  si  menzionano  pronunce di codesta Corte, le quali
 pero' concernono la autonomia del legislatore regionale (sentenza  25
 luglio   1990,   n.  369)  e  del  Consiglio  regionale  in  sede  di
 approvazione di regolamento sulla propria organizzazione (sentenza  3
 marzo  1989,  n.  88), e comunque non sono pertinenti al caso oggi in
 esame.
    In conclusione, occorre sottolineare come la delibera  legislativa
 sub  judice  arrechi  turbamento  alla  complessa convivenza di fonti
 (legislative e  da  recepimento  di  "accordi")  disciplinatrici  dei
 rapporti di pubblico impiego. Un intervento del legislatore regionale
 non solo episodico, ma - per di piu' - strutturato in modo da rendere
 evanescente  e confusa la linea di riparto tra dette fonti si pone in
 palese contrasto con gli artt. 97 e 117 della Costituzione  e  con  i
 principi di legge-quadro dianzi evocati.
   Per  quanto  precede  si  chiede  di  dichiarare  la illegittimita'
 costituzionale della delibera legislativa regionale impugnata.